01/10/2011 | rospe
lanci
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Senza intellettuali
Lintellettuale Furio Colmbo, lo stesso che ci aveva
indicato la via di Confucio per conciliare le nostre nevrosi
per un futuro-presente sempre più wired, traccia
una linea che si interseca in 7 punti casuali per restituire
un disegno dello stivale. È unindicazione da
cartografo. Usa le coordinate del GPS.
«Se collegate
i punti di questo elenco di eventi (breve segmento dellattività
di un governo, in una settimana scelta a caso) la figura che
se ne ricava è di caos, disordine, sequenze incoerenti
e incompatibili, contraddizione assoluta. Un paesaggio disastrato.
Questo, però, è vero solo se limmagine
cercata è quella di un normale e utile servizio di
un governo a un Paese».
(Furio
Colombo, Voi siete qui: diario di una settimana nel paese
della malavita, «alfabeta2», luglio 2010).
È sconfortante il risultato, soprattutto perché
il lettore pur sapendo non crede si trovarsi
davvero qui. Infatti ce lo devono confermare quelli
dell«Economist», ormai entrati da tempo
a far parte dei faziosi (per unanime e univoca acclarazione).
Allintellettuale non crediamo più. Ma non si
tratta del semplice sospetto che parli per interessi personali,
di casta, di partito, di opportunismo: la questione è
unaltra.
Sè consumata laura dellintellettuale.
Lattrito catodico, i fiumi di inchiostro da rotativa
e rotocalco, laccesso democratico e istantaneo in rete
ai fatti e alle opinioni (dimezzati i primi, in libertà
parolibera le seconde), hanno smaterializzato la più
inconsistente delle armature: lautorità di chi
sa (vorrei dire, di chi comunque sa).
E non centra niente neanche laltro grande sospetto
(che più di altri si dimostra indimostrabile): che
tutta la libertà daccesso allinformazione
produca libertà. Soffermarsi su un ragionamento del
genere, in un paese che sembra governato dallunica volontà
di imbavagliare un po tutto e tutti, e che ama svelare
(togliere i veli) solo in ben precisi contesti (ormai semipubblici),
suona pericoloso e ambiguo anche a chi scrive e pensa quello
che sta scrivendo in questo preciso istante. Allora... niente
bavagli e più sgomento, meno indignazione (da sempre
arma perdente carica di frustrazione e diretta da altri),
più domande (ad esempio: Dove siamo?)... più
doveri e meno diritti.
E ritorno a un paese senza: senza scrittori, senza intellettuali,
senza senso del pudore e della dignità, senza legge
(e qualcuno vorrebbe anche senza giudici), senza blog, senza.
Un paese così, ha bisogno di doveri. Il dovere principale
è quello di critica la critica non è
un diritto è lavoro, un lavoro pericoloso, che
può portare a risultati scadenti, che ha bisogno di
prove, di imbrigliare le intuizioni e di dare corpo (struttura,
anima, ossatura) alle sue costruzioni (sia a quelle leggere
che volano sospinte da un fiato, sia a quelle pesanti che
affondano nella sabbia). Lintellettuale ha soprattutto
doveri, può tuttavia prendersi le libertà che
crede (ad esempio alcuni divi televisivi continuano a ripetersi
che si deve pur mangiare e dimostrano metabolismo eccellente;
altri digrignano i denti e la fame rende il loro alito cattivo).
Ma tutti gli altri? Gli altri siamo noi: i governati,
e noi abbiamo lobbligo di non essere indulgenti, di
scegliere strumenti e metodi per dissezionare le idee altrui...
io spero ne faccio un fioretto che di conseguenza
praticheremo sempre meno indulgenza nei riguardi delle nostre
stesse idee... magari scoprendo una sorprendente
estraneità da loro, dal loro parto, dalla loro origine.
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