13/11/2011 | rospe
propellente
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Storia di una lettura
«Appena imboccata
questa strada, il lettore trova ad assisterlo divinità
più soccorrevoli e puntuali di quanto non fosse per
gli antichi viandanti il dio Mercurio. Balzac ha i suoi specialisti
implacabili e meticolosi. Non un passo sarà compiuto
senza la loro discreta imprescindibile assistenza. Tutto,
o quasi tutto, quello che L1 troverà sulla sua strada
è già stato trovato. Minuziosi topografi hanno
disegnato mappe e definito punti cruciali; hanno ingrandito
le scale, dilatato ogni segmento».
Mario Lavagetto
(La macchina dell'errore. Storia di una
lettura, Einaudi, Torino 1996,
p. 62).
Cosa succede se sei un lettore "immaginato" (L1),
anzi un lettore "immaginario" di Honoré de
Balzac, ovvero un lettore "ricostruito" in vitro
da un grande lettore immaginifico come Mario Lavagetto?
Per prima cosa si deve accettare una subalternità da
spettatore, di questi tempi quasi sconosciuta per lettori
esigenti che vogliono essere accontentati e subito (con qualsiasi
polpetta a loro uso avvelenata). Sia come sia, una volta arresi
alla consegna della poltrona in compagnia de La macchina
dell'errore, non c'è più modo di abbandonarla
per tutto lo svolgimento dell'indagine investigativa, che
se non produrrà né un reo confesso né
una condanna, avrà dato luogo all'ispezione più
che puntigliosa del corpo del reato: la scrittura di Balzac.
Anche se il referto di questa inchiesta indiziaria raggiunge
poche paginette dilaga oltre i suoi confini fisici (e forse
anche oltre le sue stesse intenzioni) e sconfina nella immensa
periferia dell'animo umano che noi conosciamo con il nome
di Comédie humaine.
Passerà in secondo piano la banalità manifesta
dell'accostamento del libro all'indagine poliziesca (ed eviterò
di menzionare il fatto che si legge come un romanzo... e che
certi passi sembrino proprio le scene di un film), di fronte
all'evidenza del metodo che il filologo applica: raccogliere,
raschiare, provare a sovrapporre A su B, insistere, produrre
teorie (poco importa che siano solo congetture o felici invenzioni).
Non si rende giustizia a un autore con la verità, ma
gli si può rendere omaggio con una bella trovata.
Tutti i critici magniloquenti si sono accostati all'edificio
balzachiano con le migliori intenzioni, chi dando vita a tentativi
di scomposizione e tesaurizzazioni, producendo sterminata
mole di illuminazioni, plagi, riscritture e tassonomie, pochi
hanno dedicato parsimoniosa cura per le crepe.
La crepa, l'errore intenzionale, il lapsus non mettono a rischio
la statica dell'universo di Balzac, anzi possono diventare
puntello per nuove letture e riletture, per dare vita da soli
- ma meglio se in compagnia di Lavagetto - a un nuovo lettore,
che è cresciuto in noi quasi a nostra insaputa. Quasi,
perché in realtà è stato già l'architetto
a disseminare quei lieviti in attesa di una qualche reazione
con i nostri umori, senza i quali non sarebbe avvenuta la
nostra trasformazione.
Quindi, scopriamo, la macchina dell'errore funziona benissimo
- al di là di ogni scaltra intuizione - e anche se
non è lecito paragonarsi al lettore Lavagetto, non
ci è fatto divieto, in quanto lettori "creati"
dallo stesso Balzac, di diventare golosi delle più
fantastiche qualità di pere che ornavano la sua mensa
più per essere concupite che consumate.
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