14/01/2012 | rospe
ritrovamenti
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Di angeli e calabroni
«Le ragioni
per cui non si dovrebbe parlare di uno Spirito del Tempo che
determinerebbe e pervaderebbe di sé ogni manifestazione
artistica sembrano essere della stessa natura di quelle messe
innanzi contro la possibilità del volo di un calabrone:
il volume e il peso di questinsetto e la superficie
delle ali escludono tale possibilità, eppure il calabrone
vola».
Mario Praz
(Mnemosine. Parallelo tra la letteratura
e le arti visive (1971), SE, Milano 2008, p. 55).
Langelo di Benjamin centra relativamente, anche
se Praz sta parlando indirettamente di come certi battiti
dala agiscano a sconvolgere il piano lineare della storia.
Qui ci si riferisce agli angeli e cherubini e amorini delle
iconografie di tutti i tempi, studiati da Bertrand Russeull
e che secondo lui presenterebbero delle evidenti incongruenze
morfologiche: in particolar modo avrebbero bisogno di uno
sterno ben più pronunciato per sostenere quelle ali
sovradimensionate...
Sembra prerogativa dellarte laffermazione è
impossibile eppure è così, così
come lo sono i giochi di prospettiva, i capricci ottici e
i pasticci gestaltici. Ma in questo caso non larte,
ma è lerrore, la difettosa, parziale conoscenza
delle cose, che ci porta a ricostruire anzi a costruire
il mondo in termini metafisici. Noi viviamo allinterno
dei confini del non-perfettamente-noto, ma praticando
la mistica illusoria del del-tutto-noto.
Possibile e impossibile per dei ciechi se non
si equivalgono del tutto, sono comunque legati da un vincolo
di prossimità. Possibile e impossibile vengono esperiti
nella vita di ogni giorno non in base a una relazione di probabilità,
ma di frequenza: i miracoli si presentano al nostro sguardo
di ciechi-folgorati con una frequenza data (cosa che piace
tanto ai millenaristi).
Ho limpressione che se tenessimo il conto soltanto degli
errori, delle defezioni, delle minime fluttuazioni dellordinario,
finiremmo con il vedere molti più calabroni, e qualche
angelo.
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